Epatite C, accordo raggiunto per la rimborsabilità del sofosbuvir

L'accordo consentirà di trattare il più grande numero di pazienti in Europa, tenuto conto della più alta prevalenza della patologia in Italia. ''La chiusura del processo negoziale con l'azienda Gilead Sciences è avvenuta nel rispetto dei tempi auspicati dal Ministro della Salute e indicati nel comunicato AIFA del 13 agosto scorso'' fa osservare l'agenzia italiana del farmaco che ha reso noto la notizia al termine dei lavori di ieri. La fine della trattativa, sui cui termini le parti mantengono la riservatezza, era prevista prima dell'estate, ma uno stop chiesto dalla Gilead, l'azienda che detiene i diritti del farmaco, ha rinviato la procedura. Ora la 'palla' passa ai comitati sull'epatite delle Regioni, che dovranno a loro volta inserire la terapia nei prontuari regionali.   Secondo alcune stime il farmaco potrà essere assicurato ad oltre 30 mila pazienti solo in Italia e sarà disponibile nel più breve tempo possibile secondo progressivi criteri di appropriatezza specificati. ''E' un accordo di grande impatto sanitario ed economico - ha spiegato il direttore dell'Aifa Luca Pani al termine dei lavori - che accoglie le esigenze dei pazienti''.    ''In realtà su 1,5 milioni di persone infette in Italia potenzialmente quelle trattabili sono 300-400mila - spiega Antonio Gasbarrini, uno dei fondatori di Alleanza contro l'Epatite, associazione che riunisce medici e pazienti - di questi però ce ne sono circa 30mila che avrebbero bisogno del farmaco subito, perchè hanno una cirrosi avanzata ma non al punto da non avere più alcun beneficio dalla terapia''.   Primo farmaco che promette di eliminare il virus dell'epatite C dai pazienti, terapia con il record di vendite di tutti i tempi, cura costosa che mette a rischio la tenuta del Sistema Sanitario Nazionale: il Sofosbuvir, il farmaco antiepatite il cui prezzo è stato ora fissato dall'Aifa raggiungendo un accordo con l'azienda Gilead è tutte queste cose insieme, tanto da guadagnare prime pagine e titoli di apertura a neanche un anno dalla sua approvazione negli Usa, lo scorso dicembre.   Il farmaco, sviluppato dalla piccola compagnia Pharmasset poi acquistata dalla californiana Gilead, è un inibitore della Rna polimerasi, un enzima indispensabile al virus per replicarsi.
  Contrariamente alle altre terapie, che al massimo tengono sotto controllo il virus nel 50-70% dei casi, questa nei test sui pazienti ha raggiunto la totale eradicazione su una percentuale superiore al 90%. Sia l'Fda che l'Ema, l'equivalente europeo, hanno dato il loro via libera all'immissione in commercio alla fine dello scorso anno, ma da allora tra le due sponde dell'Atlantico le strade si sono divise.   Negli Usa la terapia, venduta a 84mila dollari (66mila euro) a paziente, è già stata a data a circa 70mila malati, facendo guadagnare alla Gilead 3,5 miliardi di dollari nel primo semestre. In Europa alcuni paesi come la Germania, che hanno relativamente pochi casi, l'hanno adottata subito, mentre altri 14, fra cui l'Italia e la Francia, hanno iniziato una trattativa per poter abbassare il prezzo, troppo alto per chi deve curare decine o centinaia di migliaia di persone come si spera di fare da noi. In Italia la trattativa, che in origine doveva concludersi prima dell'estate, è stata 'stoppata', come detto, una prima volta dall'azienda lo scorso luglio, pur garantendo il farmaco in via compassionevole ai pazienti più gravi.   Nel frattempo negli Usa il farmaco è stato oggetto di una interrogazione di due senatori, che hanno chiesto la ragione del prezzo così alto, mentre in Egitto e in altri paesi in via di sviluppo il farmaco è stato offerto, sotto forma di generico, a costi molto più bassi. La trattativa appena conclusa dall'Aifa dovrebbe fare da paradigma per quelle successive, che già si affacciano all'orizzonte. Sono in arrivo nel giro di due o tre anni altri cinque o sei farmaci della stessa classe, tutti egualmente promettenti, una 'abbondanza' che dovrebbe far scendere il prezzo dello stesso Sofosbuvir.    Quello dell'epatite C è uno dei virus più comuni in Italia, anche se una larga fetta dei portatori non sa di averlo. Secondo i dati forniti durante l'ultimo congresso internazionale Ice, 'Insieme contro l'Epatite', i soggetti infetti di epatite C nel nostro paese sono circa l'1,5% della popolazione, circa un milione di casi, anche se altri studi hanno dato cifre doppie. Circa il 40-50% delle infezioni diventa cronica, e una parte di queste degenera in cirrosi, di cui il virus è la seconda causa dopo l'alcol. Ogni anno muoiono circa 17mila persone per cirrosi epatica, ed è stato inoltre calcolato che l'infezione da HCV comporta una spesa annua per il Ssn di circa 520 milioni.     Ad essere portatori dell'infezione sono soprattutto i cosiddetti 'baby boomers', che si sono infettati prima che si isolasse il virus a causa di trasfusioni, strumenti chirurgici non sterilizzati e in generale cattive condizioni igieniche. Per quanto riguarda i nuovi casi il sistema Seieva, gestito dall'Istituto Superiore di Sanità, ha registrato una stabilizzazione dei tassi tra 0,2 e 0,3 per 100.000 abitanti, a partire dal 2009. Nel 2013 l'incidenza di nuovi casi è risultata 0,3 per 100.000 abitanti (0 per la fascia d'età 0-14; 0,3 per le fasce d'età 15-24 e sopra i 25 anni). Un dato emerso negli ultimi anni è l'aumento dell'età dei nuovi casi, tanto che nel 2013 la fascia di età maggiormente colpita è stata quella 35-54 anni, mentre riguardo alla distribuzione per genere c'è un sostanziale equilibrio tra uomini e donne. ''I maggiori fattori di rischio - avverte l'Iss - sono gli interventi chirurgici, l'esposizione percutanea in corso di trattamenti cosmetici, i rapporti sessuali non protetti e l'uso di droghe per via endovenosa''. L'Italia è uno dei paesi europei con il maggior numero di malati. Nel mondo secondo l'Oms ci sono 150 milioni di persone con l'epatite C cronica, e tra 350 e 500mila morti per questa infezione. L'accordo consentirà di trattare il più grande numero di pazienti in Europa, tenuto conto della più alta prevalenza della patologia in Italia. ''La chiusura del processo negoziale con l'azienda Gilead Sciences è avvenuta nel rispetto dei tempi auspicati dal Ministro della Salute e indicati nel comunicato AIFA del 13 agosto scorso'' fa osservare l'agenzia italiana del farmaco che ha reso noto la notizia al termine dei lavori di ieri. La fine della trattativa, sui cui termini le parti mantengono la riservatezza, era prevista prima dell'estate, ma uno stop chiesto dalla Gilead, l'azienda che detiene i diritti del farmaco, ha rinviato la procedura. Ora la 'palla' passa ai comitati sull'epatite delle Regioni, che dovranno a loro volta inserire la terapia nei prontuari regionali.   Secondo alcune stime il farmaco potrà essere assicurato ad oltre 30 mila pazienti solo in Italia e sarà disponibile nel più breve tempo possibile secondo progressivi criteri di appropriatezza specificati. ''E' un accordo di grande impatto sanitario ed economico - ha spiegato il direttore dell'Aifa Luca Pani al termine dei lavori - che accoglie le esigenze dei pazienti''.    ''In realtà su 1,5 milioni di persone infette in Italia potenzialmente quelle trattabili sono 300-400mila - spiega Antonio Gasbarrini, uno dei fondatori di Alleanza contro l'Epatite, associazione che riunisce medici e pazienti - di questi però ce ne sono circa 30mila che avrebbero bisogno del farmaco subito, perchè hanno una cirrosi avanzata ma non al punto da non avere più alcun beneficio dalla terapia''.   Primo farmaco che promette di eliminare il virus dell'epatite C dai pazienti, terapia con il record di vendite di tutti i tempi, cura costosa che mette a rischio la tenuta del Sistema Sanitario Nazionale: il Sofosbuvir, il farmaco antiepatite il cui prezzo è stato ora fissato dall'Aifa raggiungendo un accordo con l'azienda Gilead è tutte queste cose insieme, tanto da guadagnare prime pagine e titoli di apertura a neanche un anno dalla sua approvazione negli Usa, lo scorso dicembre.   Il farmaco, sviluppato dalla piccola compagnia Pharmasset poi acquistata dalla californiana Gilead, è un inibitore della Rna polimerasi, un enzima indispensabile al virus per replicarsi.
  Contrariamente alle altre terapie, che al massimo tengono sotto controllo il virus nel 50-70% dei casi, questa nei test sui pazienti ha raggiunto la totale eradicazione su una percentuale superiore al 90%. Sia l'Fda che l'Ema, l'equivalente europeo, hanno dato il loro via libera all'immissione in commercio alla fine dello scorso anno, ma da allora tra le due sponde dell'Atlantico le strade si sono divise.   Negli Usa la terapia, venduta a 84mila dollari (66mila euro) a paziente, è già stata a data a circa 70mila malati, facendo guadagnare alla Gilead 3,5 miliardi di dollari nel primo semestre. In Europa alcuni paesi come la Germania, che hanno relativamente pochi casi, l'hanno adottata subito, mentre altri 14, fra cui l'Italia e la Francia, hanno iniziato una trattativa per poter abbassare il prezzo, troppo alto per chi deve curare decine o centinaia di migliaia di persone come si spera di fare da noi. In Italia la trattativa, che in origine doveva concludersi prima dell'estate, è stata 'stoppata', come detto, una prima volta dall'azienda lo scorso luglio, pur garantendo il farmaco in via compassionevole ai pazienti più gravi.   Nel frattempo negli Usa il farmaco è stato oggetto di una interrogazione di due senatori, che hanno chiesto la ragione del prezzo così alto, mentre in Egitto e in altri paesi in via di sviluppo il farmaco è stato offerto, sotto forma di generico, a costi molto più bassi. La trattativa appena conclusa dall'Aifa dovrebbe fare da paradigma per quelle successive, che già si affacciano all'orizzonte. Sono in arrivo nel giro di due o tre anni altri cinque o sei farmaci della stessa classe, tutti egualmente promettenti, una 'abbondanza' che dovrebbe far scendere il prezzo dello stesso Sofosbuvir.    Quello dell'epatite C è uno dei virus più comuni in Italia, anche se una larga fetta dei portatori non sa di averlo. Secondo i dati forniti durante l'ultimo congresso internazionale Ice, 'Insieme contro l'Epatite', i soggetti infetti di epatite C nel nostro paese sono circa l'1,5% della popolazione, circa un milione di casi, anche se altri studi hanno dato cifre doppie. Circa il 40-50% delle infezioni diventa cronica, e una parte di queste degenera in cirrosi, di cui il virus è la seconda causa dopo l'alcol. Ogni anno muoiono circa 17mila persone per cirrosi epatica, ed è stato inoltre calcolato che l'infezione da HCV comporta una spesa annua per il Ssn di circa 520 milioni.     Ad essere portatori dell'infezione sono soprattutto i cosiddetti 'baby boomers', che si sono infettati prima che si isolasse il virus a causa di trasfusioni, strumenti chirurgici non sterilizzati e in generale cattive condizioni igieniche. Per quanto riguarda i nuovi casi il sistema Seieva, gestito dall'Istituto Superiore di Sanità, ha registrato una stabilizzazione dei tassi tra 0,2 e 0,3 per 100.000 abitanti, a partire dal 2009. Nel 2013 l'incidenza di nuovi casi è risultata 0,3 per 100.000 abitanti (0 per la fascia d'età 0-14; 0,3 per le fasce d'età 15-24 e sopra i 25 anni). Un dato emerso negli ultimi anni è l'aumento dell'età dei nuovi casi, tanto che nel 2013 la fascia di età maggiormente colpita è stata quella 35-54 anni, mentre riguardo alla distribuzione per genere c'è un sostanziale equilibrio tra uomini e donne. ''I maggiori fattori di rischio - avverte l'Iss - sono gli interventi chirurgici, l'esposizione percutanea in corso di trattamenti cosmetici, i rapporti sessuali non protetti e l'uso di droghe per via endovenosa''. L'Italia è uno dei paesi europei con il maggior numero di malati. Nel mondo secondo l'Oms ci sono 150 milioni di persone con l'epatite C cronica, e tra 350 e 500mila morti per questa infezione.

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